Fotosintesi
di Adriano Perini
La fotosintesi è il fondamentale processo chimico attraverso cui nei vegetali, sotto l’effetto della luce, i composti inorganici, acqua e anidride carbonica, si trasformano in composti organici che costituiscono i componenti della materia vivente.
La fotografia è anch’essa un processo chimico che, come riporta il quotidiano “Gazete de France” nell’edizione del 6 Gennaio 1839, “…ha del prodigioso. Sconvolge tutte le teorie scientifiche della luce e dell’ottica, e rivoluzionerà l’arte del disegno. M. Daguerre ha trovato il modo di fissare le immagini che si dipingono da sole dentro una camera oscura…….”.
Trasformazioni dunque, processi di cui a fatica riusciamo a percepire gli elementi costitutivi, perchè impalpabili, ma che tuttavia emanano una totale fascinazione.
Il percorso fotografico che Adriano Perini ha realizzato nel Civico Orto Botanico di Trieste rappresenta la felice sintesi di questi processi dove si esprime l’amenità della natura, la creatività dell’uomo, l’emozione della rappresentazione.
La natura rappresenta infatti uno dei soggetti più vicini al nostro immaginario per il suo perenne modificarsi e a causa di quel divenire che così tanto assomiglia alla vita sulla quale l’uomo da sempre si interroga.
Perini riesce a muoversi all’interno di questo contesto, grazie alla grande esperienza acquisita nei precedenti lavori, con la consapevolezza di agire il giusto equilibrio tra rigore compositivo e interpretazione, sia delle architetture che del verde governato, come egli stesso lo definisce.
Le sue fotografie, rappresentando un frammento di natura e trovano la loro unità e la loro significazione nell’atmosfera che le pervade, rendendo visibile la provvisorietà delle apparenze che sono, qui ed ora (hic et nunc), diverse da quelle che erano un momento prima e che saranno un momento dopo.
Prendendosi ogni giorno un pò più di libertà, dopo il lungo inverno, il verde primaverile riappare e siamo invitati a sederci su una panchina per assaporare la natura che si sta riaffacciando e che con l’estate diventa predominante. Piante ornamentali, fiori di loto, piante magiche, piante alimentari, arbusti si susseguono nelle fotografie riducendo lo scarto tra il giardino reale e quello ideale della nostra immaginazione.
Non inganni, infatti, il frequente utilizzo della luce diffusa, apparentemente atemporale, perchè l’attimo fotografico, per sua stessa natura, rende irripetibile quel momento e nello stesso tempo restituisce alle immagini la capacità di rappresentare l’andamento ciclico delle stagioni e le trasformazioni che ne conseguono.
Così come, la presenza di luci contrastate non deve indurre a considerare le ombre come zone di valore neutro ma elementi di rappresentazione che racchiudono ciò che vuole essere celato per rendere maggiormente protagonista quello che è esibito in piena luce.
Ogni cosa, in un paesaggio, vive all’interno di un’atmosfera segnata dai battiti mutevoli della luce, ogni sfumatura contiene la magia che in natura lega ogni arbusto, ogni pianta, ogni foglia, ogni fiore: le piccole traformazioni dell’uno influenzano lo sviluppo dell’altro e di conseguenza lo sviluppo dell’intero sistema.
Lo sguardo attento ed elegante di Perini ci trasporta tuttavia anche in un altro contesto che si spinge oltre il rigore scientifico, in un percorso più propriamente letterario. Non è forse anche questo lo spirito di un Giardino Botanico che stimolando la conoscenza di vegetazioni diverse ne esalta la natura rivelatrice di altre suggestioni?
I piccoli viali, le poltrone assolate, gli angoli di vegetazione rigogliosa ci regalano un’emozione dai tratti cecoviani e immaginiamo la presenza di Michail Platonov accompagnato dalle note di una Partitura incompiuta per pianola meccanica.
Ed ancora troviamo, nei cerchi e nelle sfere, i segni dell’origine di molte religioni derivanti dal rapporto atavico che l’uomo ha con la natura in un dualismo che definisce il bene e il male all’interno di precisi confini.
Il percorso si trasforma in viaggio quando incontriamo le raffinate vasche dei fiori di loto e delle piante acquatiche: è il fascino dell’oriente improvvisamente materializzato. Il pensiero corre alle sfumature di colore delle ninfee impressioniste di Claude Monet, ma queste fotografie ci confermano che il bianco e nero non è una scrittura orfana del colore bensì un linguaggio autonomo capace di rappresentare la sintesi tra forma ed interiorità.
Scriveva Robert Doisneau a proposito delle immagini su Versailles realizzate da Jacques Dubois “….ero convinto che le immagini migliori si lasciassero cogliere solo da incolti bracconieri……Jacques Dubois e le sue immagini di Versailles rimettono tutto in discussione……Divisi fra lo stupore davanti alla pittoresca erosione e il rigore geometrico che rifiuta ogni disinvoltura, bisogna scegliere, oppure dosare con amore la mescolanza. La decisione sta tutta qui.”
Senza venir meno alla propria raffinata visione fotografica, Adriano Perini ci conduce in questa passeggiata rivelatrice riuscendo a dosare racconto e lirica. Spetta a noi continuare a guardare la natura con questo duplice sguardo, l’unico che consente di sentircene parte integrante.